Andrea ha avuto finalmente un contratto da filmaker, a Presa Diretta, e lavora come un pazzo. Susan ha appena scritto un libro e se n’e andata a vivere a Gerusalemme.. Elio si è ritirato in alta montagna e s’industria a fabbricare saponi naturali. Io sto al TG1 e ancora non ho capito se si tratta di una promozione oppure di una punizione. Un anno dopo, eccoci qui. E niente o quasi è come prima.
Non so se l’esperienza di un sequestro di persona durato 11 giorni, in un Paese in guerra e ad opera di un gruppo affiliato ad Al Qaeda, sia assimilabile – per un giornalista – all’esperienza conradiana di un giovane che si accinge ad attraversare la sua, personale linea d’ombra. Certo è che impari, ritrovandoti per la prima volta dall’altra parte della barricata, quanto possa essere inutile e effimero il circo dei mass media. Che finge di interessarti a te ma in realtà cerca l’audience – oppure i click – e non vede l’ora di poter tornare in redazione, a scrivere o a montare il pezzo. E’ capitato anche a me e purtroppo so come funziona. Ma quando stai dall’altra parte vedi improvvisamente le cose da una prospettiva diversa. E se hai ancora una briciola di umanità, provi un po’ di sana, catartica vergogna.
Andrea mi diceva che adesso, mangiando una mela, se la gusta molto di più. Perché da sequestrati non abbiamo mai consumato lauti banchetti. Susan mi diceva che finora aveva parlato del nostro sequestro come di una esperienza esterna, oggettiva, e solo scrivendo il suo libro era riuscita ad interiorizzarla e ad elaborarla. Elio, l’amico di tante avventure, mi ha detto solo: “Siamo stati fortunati. Non c’è altro da aggiungere”. Tutto questo non passerà mai attraverso un’intervista, non arriverà mai al cuore di un lettore e, soprattutto, di un telespettatore. O almeno non con la stessa intensità di adesso. Il che vuol dire che avevano ragione gli stregoni africani con cui ho convissuto per anni, quando dicevano: “Guarda che questa scatola magica – vale a dire la Tv – ti ruba l’anima“.
Ancora due cose, che però non mi paiono affatto marginali: 1) Nell’anniversario del nostro sequestro – e in occasione dell’uscita del libro di Susan – pochi ricordano che il progetto per cui all’epoca siamo andati in Siria si intitolava, non a caso “Silenzio, si muore”. E’ passato un anno e purtroppo non è cambiato niente, anzi i morti sono arrivati a 150 mila e i media internazionali hanno praticamente smesso di coprire questa carneficina: 2) Prigioniero in Siria, da ormai nove mesi, c’è un uomo di pace e di dialogo, Padre Paolo Dall’Oglio, a cui la rivoluzione siriana deve tanto e che deve assolutamente, al più presto, tornare fra noi.
Ho detto tutto quello che oggi mi passa per la testa. E sono contento di poterlo dire.